Referendum costituzionale cos’è, cosa prevede, come votare Sì o No

Cosa prevede, cos’è, come si vota il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 conviene votare SI oppure NO?

I temi trattati dal quesito referendario sono passati in secondo piano per come è stata impostata la campagna referendaria. Matteo Renzi si è giocato la faccia e soprattutto il posto a Palazzo Chigi e ha fatto coalizzare le opposizioni dal M5S a Forza Italiapassando per Sinistra Italiana fino alla minoranza dem. Se passa il “Si” Matteo Renzi ne uscirà rafforzato e le opposizioni annichilite, altrimenti in caso di vittoria del “No”, anche se non si dimetterà da Premier, dovrà fare i conti con un ko pesantissimo e l’ombra di un Governo tecnico.

Referendum Costituzionale, gli analisti internazionali puntano sul “Si”

A dare un aiutino a Renzi ci hanno pensato in queste ore gli analisti finanziari. S&P Global Ratings ritiene che se passerà la riforma, “ciò potrebbe contribuire alla stabilità e all’efficacia del governo italiano”. Attenzione però anche agli effetti contrari come è successo con la Brexit e con l’elezione di Donal Trump a presidente degli USA. Non funziona “spaventare” l’elettore fortemente arrabbiato con il sistema. Anzi il cittadino si arrabbia ancora di più.

Questa riforma non viene sentita dagli italiani come un fattore rilevante bensì come qualcosa che potrebbe cambiare solo gli equilibri di palazzo. Fortuna per il Governo che questo referendum non ha quorum, altrimenti si sarebbe corso il rischio di non raggiungere i numeri (sulla scorta della scarsa partecipazione popolare).

Referendum costituzionale cos'è, cosa prevede, come si vota, votare si o no
La scheda del Referendum Costituzionale del 4 Dicembre 2016

Referendum Costituzionale: Votare Sì o No ?

Ecco cosa Votare e Perchè

Proviamo a capire in effetti su cosa gli elettori sono chiamati ad esprimersi. Vediamo quali sono gli articoli e le parti della Carta costituzionale oggetto di modifica in caso di successo del “Si” al referendum. La riforma punta al superamento del bicameralismo paritario e sulla trasformazione delle funzioni del Senato, la soppressione del Cnel, la revisione del titolo V della II parte della Costituzione, la riforma dell’elezione del presidente della Repubblica e la revisione della disciplina dei referendum e delle leggi di iniziativa popolare.

Il processo legislativo

Attualmente tutte le leggi, ordinarie e costituzionali, vengono approvate sia da Camera dei Deputati che dal Senato. L’esecutivo deve ottenere la fiducia dei 2 rami del Parlamento. La riforma modifica gli equilibri. La Camera (630 deputati) diventerebbe l’unico organo eletto a suffragio universale diretto e soprattutto l’unico che potrà approvare le leggi ordinarie e di Bilancio e dare la fiducia al Governo. Addio al bicameralismo perfetto.

Il nuovo Senato

Diverrà in organo rappresentativo delle autonomie regionali. Il numero dei senatori scenderà da 315 a 100 di cui 95 saranno indicati dai consigli regionali, che nomineranno 21 sindaci (uno per regione, ad eccezione dei 2 del Trentino-Alto Adige) e 74 consiglieri regionali. L’elezione dei nuovi rappresentanti di Palazzo Madama sarà “in conformità alle scelte espresse dagli elettori in occasione delle elezioni regionali”. Al momento la norma è transitoria e stabilisce l’elezione da parte di ogni Consiglio regionale dei consiglieri da mandare nel nuovo Senato, tra i suoi componenti.
I 95 senatori rimarranno in carica per la durata del loro mandato di amministratori locali. A loro si aggiungeranno anche 5 senatori nominati dal presidente della Repubblica, in carica per 7 anni. La carica del senatore a vitarimarrà solo per gli ex presidenti della Repubblica. Giorgio Napolitano, Mario Monti, Carlo Rubbia, Renzo Piano ed Elena Cattaneo rimarranno in carica, ma non verranno sostituiti. I senatori non verranno più pagati dal Senato. Percepiranno lo stipendio da amministratori locali. Verranno così ridotti i costi della politica. Con la riforma si stimano risparmi per 500 milioni di euro. Le opposizioni ribattono sostenendo che gli eventuali risparmi ammonterebbero solo a 57 milioni di euro. La Ragioneria dello Stato parla di 49 milioni dal taglio del numero dei senatori e di altri 8,7 dalla chiusura del Cnel. La soppressione delle province prevede un risparmio per altri 320 milioni anche se si tratta al momento di cifre non quantificabili.

Le competenze del nuovo Senato

I nuovi senatori esprimeranno pareri sui progetti di legge approvati dalla Camera e potranno proporre modifiche entro un mese dall’approvazione della legge. La Camera potrà però non accogliere gli emendamenti del Senato. Riguarda leggi che attengono competenze legislative esclusive delle Regioni o Leggi di bilancio. La Camera può non tenere conto delle modifiche richieste dal Senato solo se a maggioranza assoluta dei deputati.
Il Senato parteciperà all’elezione del presidente della Repubblica, così come in quella dei componenti del Consiglio superiore della magistratura e dei giudici della Corte costituzionale. Il nuovo Senato avrà voce in capitolo sulle leggi costituzionali e su quelle di revisione costituzionale. La funzione principale del Senato sarà di raccordo tra lo Stato e le autonomie locali, regioni e Comuni. Per le leggi che attengono le competenze regionali, il voto del Senato è obbligatorio.

Immunità

I nuovi senatori avranno l’immunità come i deputati. Niente possibilità di arresto o di essere intercettati senza l’autorizzazione preventiva del Senato.

Voto a data certa

Con il nuovo articolo 72 della Carta è previsto che l’esecutivo possa chiedere una via preferenziale per approvare un disegno di legge che ritine “essenziale per l’attuazione del programma di governo”. La Camera vota sulla richiesta dell’esecutivo entro 5 giorni: se la richiesta viene accolta, dovrà concludere discussione e votazione entro 70 giorni con una possibile proroga di 15 giorni al massimo.
Non si può richiedere il “voto a data certa” per le leggi di competenza del Senato, quelle elettorali e di bilancio, la ratifica dei trattati internazionali e le leggi di amnistia e indulto. Sono introdotti limiti al Governo sui contenuti dei decreti legge.

Quote rosa

All’articolo 55 si aggiunge il comma che decreta “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”. Le norme rimandano anche alle leggi elettorali già vigenti per i Consigli Regionali.

Revisione del Titolo V della Parte II della Costituzione

La riforma costituzionale comporta la riduzione delle competenze delle Regioni. Il Titolo V della Costituzione regola questi rapporti. Lo Stato può intervenire in materia di esclusiva competenza regionale nel caso “lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”. Tra le competenze riportate allo Stato quelle su energia, infrastrutture strategiche e sistema nazionale di protezione civile.

Soppressione delle Province

La Riforma Boschi cancella le Province. La “nuova” Repubblica sarà formata “dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato“. L’articolo 99 della Costituzione viene abrogato sopprimendo il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, attuale organo “di consulenza delle Camere e del Governo” formato da 64 consiglieri tra “esperti e rappresentanti delle categorie produttive”. La Carta stabiliva che il Cnel avesse “iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge”.

Elezione del Presidente della Repubblica

Cambia la modalità di elezione del Presidente della Repubblica. Aboliti i grandi elettori. Al voto parteciperanno deputati e senatori e non più i 59 delegati regionali. Confermato il quorum delle prime 3 votazioni. Per l’elezione è necessaria la maggioranza qualificata dei 2 terzi (il 66%). Dal quarto al sesto scrutinio basta la maggioranza di 3 quinti (60%), in aumento rispetto all’attuale maggioranza assoluta (50%). Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza di 3 quinti dei votanti, invece della maggioranza degli aventi diritto. Il Capo dello Stato potrà sciogliere solo la Camera, non più il Senato. La seconda carica dello Stato, attualmente il presidente del Senato, diventa il presidente della Camera dei deputati.

Cambia anche la disciplina del referendum

Il referendum abrogativo rimane valido se partecipa il 50% degli aventi diritto con un’eccezione. Interviene un quorum minore per i referendum sui quali sono state raccolte 800 mila firme anziché 500 mila. Per renderlo valido sarà sufficiente la metà degli elettori delle ultime elezioni politichee non la metà degli iscritti alle liste elettorali.
Vengono introdotti il referendum propositivo e quello di indirizzo. Servirà però una legge costituzionale e poi una legge ordinaria per stabilire quali siano le modalità e gli effetti di queste consultazioni.

Leggi di iniziativa popolare

La Riforma modifica anche l’articolo 71 della Costituzione che disciplina le leggi di iniziativa popolare. Salirà a 150 mila il numero di firme necessarie. Viene introdotta una garanzia affinché queste proposte siano discusse e votate.

Referendum costituzionale: gli innovatori del “Si”

Per Matteo Renzi la sfida è tra gli innovatori del “Sì” contro i conservatori del “No”. Una linea contestata anche dalla minoranza del Partito democratico con Pier Luigi Bersani e Roberto Speranza schierati sul No al pari di Massimo D’Alema e altri elementi di vertice dei democratici. Il politico pugliese ha lanciato il comitato del “Centrosinistra per il No”.
Il referendum costituzionale sarà l’anticipo del Congresso, della sfida tra Renzi e la sinistra del partito. Una sfida che, in caso di successo o anche di insuccesso, potrebbe comunque portare alla scissione del partito. Il segretario sta tirando la corda fino a che si spezzerà. Dimostra di essere sicuro di vincere la battaglia. Ma farà la fine di Hillary Clinton?
Matteo Renzi è riuscito nell’intento di non fare coalizzare le anime delle minoranze grazie al sostegno di Gianni Cuperlo. Ha deciso di firmare l’intesa interna e dichiarato il suo sostegno il 4 dicembre alle ragioni del “Sì”.

Referendum Costituzionale: chi vota per il “Si”

La maggioranza del Pd è schierata per il “Si”. In prima linea renziani, franceschiniani, le correnti Rifare l’Italia di Matteo Orfini e Sinistra e Cambiamento del ministro Maurizio Martina. Sostengono il Si i Socialisti di Nencini e l’Italia dei Valori. Schierati con Matteo Renzi tutti i filogovernativi. In prima linea quel che resta del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, ALA di Denis Verdini al movimento Fare! di Flavio Tosi. E una serie di piccole correnti personali di centro.

Referendum Costituzionale: chi vota per il “No”

Vastissimo il fronte del “No” al referendum costituzionale che racchiude tutte le opposizioni al Governo Renzi dal centrodestra al Movimento 5 Stelle fino a Sinistra Italiana. Il fronte del “No” trova un anello debole in Forza Italia divisa nella faida tra correnti. Dentro il partito berlusconiano forte è la tentazione all’inciucio.
Per il “No” alla consultazione si schiera anche una parte dell’Udc. Nonché piccole correnti personali del centrodestra. Voterà “No” anche l’ex premier Mario Monti.
Il “No” più convinto arriva dal Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. “No” anche da Sinistra Italiana, che riunisce i parlamentari di Sele alcuni transfughi del Partito democratico. Sempre a sinistra votano “No” anche Possibile di Pippo Civati, così come Rifondazione Comunista e l’Altra Europa con Tsipras.

Referendum Costituzionale: il voto dei sindacati

La Cisl si è posizionata a favore del “Si”. La Cgil si è schierata invitando i suoi iscritti a votare per il “No”. Confindustriasi è schierata per il “Si”. L’Anpi, l’associazione dei partigiani, si è schierata per il “No”.

Referendum Costituzionale: in vantaggio il “No”

  • L’esito del voto dipenderà anche dall’affluenza alle urne. I favorevoli potrebbero essere avvantaggiati da un’alta affluenza. Una percentuale minore potrebbe favorire il fronte del “No”.
  • Le ultime rilevazioni attribuiscono un leggero margine in favore del No. I favorevoli alla riforma oscillano tra il 46 e il 50% dei voti, mentre i contrari tra il 50 e il 54%.

Considerazioni finali:

La discussione sul superamento del bicameralismo perfetto c’è da almeno 50 anni, così come sul taglio del numero dei parlamentari.
Questo referendum è stato fatto piuttosto male, per non scontentare nessuno il Senato non si è del tutto abolito, ma svuotato delle sue più importanti pecularietà.

  • Votare No, significa semplicemente lasciare tutto come sta ora.
  • Votare Sì, significa cercare di cambiare qualcosa.

Ma gli italiani ormai sembrano del tutto spinti a votare NO.
D’altronde ognuno è artefice del proprio destino.

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Autore

  • massy biagio

    Fondatore di Economia Italiacom e Finanza Italiacom è divulgatore finanziario e trader.