Demografia: la Grecia spenderà 22 MLD di euro per la natalità

La Grecia, che ha registrato il numero più basso di nascite nel 2022, prevede di spendere 20 miliardi di euro (22 miliardi di dollari) entro il 2035 in incentivi per arrestare il declino, tra cui sussidi in denaro e agevolazioni fiscali, ha affermato il ministero della Famiglia.

Le politiche per la famiglia in Grecia

Attualmente la Grecia spende circa 1 miliardo di euro all’anno in misure a favore dell’infanzia ma, come altri paesi europei, con scarsi risultati. Con 1,3, il tasso di fertilità della Grecia è tra i più bassi del continente e ben al di sotto del 2,5 necessario per la crescita della popolazione. Le previsioni economiche indicano che la sua forza lavoro è destinata a calare del 50% entro il 2100, con la sua produzione in calo del 31% nello stesso periodo.

Il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha definito la crisi demografica del Paese un peso per le pensioni e “una minaccia nazionale”.”Le statistiche e i modelli di previsione sono preoccupanti, ma dobbiamo tutti fare uno sforzo in più per superarli”, ha affermato la ministra per la famiglia e la coesione sociale, Sofia Zacharaki.Il cosiddetto National Demographic Action Plan, in lavorazione da mesi, è stato formalmente presentato in una riunione di gabinetto questa settimana. Include la spesa da quando il governo conservatore di Mitsotakis è salito al potere per la prima volta nel 2019.

La natalità è in caduta libera da anni, spinte da una crisi economica decennale iniziata nel 2009, nonché dall’emigrazione di massa dei greci e dal cambiamento di atteggiamento tra i giovani. Esperti di demografia e persino funzionari governativi hanno espresso scetticismo su quanto questi piani possano invertire la tendenza.Il ministero ha affermato che il piano mira ad attenuare l’impatto della diminuzione e dell’invecchiamento della popolazione greca sulla sostenibilità fiscale, sulla competitività a lungo termine e sulla coesione sociale. E in Italia ed Europa?

La Demografia in Europa

Negli ultimi 20 anni, i paesi dell’UE hanno mostrato variazioni demografiche significative in termini di popolazione, età media, tasso di natalità e mortalità.

Popolazione

Dal 2003 al 2023, la popolazione totale dell’UE è cresciuta da circa 447 milioni a 450 milioni. Tuttavia, la crescita non è stata omogenea: alcuni paesi come Germania e Francia hanno visto un incremento costante, mentre altri, come Bulgaria e Romania, hanno registrato una diminuzione della popolazione.

Età media e invecchiamento

L’età media della popolazione è aumentata in tutti i paesi UE, passando da 39 anni nel 2003 a 44,5 anni nel 2023, con i paesi più “anziani” come Italia, Portogallo e Grecia che hanno un’età media sopra i 46 anni. I paesi più giovani includono Cipro e Irlanda, con un’età media inferiore ai 40 anni.

Tasso di natalità e mortalità

Il tasso di natalità nell’UE è diminuito da 10,1 nascite per 1.000 persone nel 2002 a 8,7 nel 2022. I paesi con il tasso di natalità più basso includono Italia e Spagna, mentre quelli con il tasso più alto sono Cipro e Francia. D’altra parte, il tasso di mortalità è aumentato leggermente, anche a causa dell’invecchiamento della popolazione, passando da 10,0 decessi per 1.000 persone nel 2002 a 11,5 nel 2022, con i tassi più elevati in Bulgaria e Lettonia.

Struttura per età

La quota della popolazione sopra i 65 anni è aumentata dal 16% al 21% in questi 20 anni, con una crescita particolarmente significativa in Finlandia e Grecia. La popolazione di età inferiore ai 15 anni è invece scesa dal 16,4% al 14,9%, riflettendo un calo delle nascite in quasi tutti i paesi.

Densità della popolazione

La densità della popolazione è cresciuta in media da 104 a 109 persone per km² nell’UE, con i maggiori incrementi in Malta, Lussemburgo e Belgio, mentre Romania e Lituania hanno mostrato le maggiori diminuzioni.

Per ulteriori dettagli, è possibile consultare le edizioni annuali di Eurostat e il European datasheet.

Proiezioni demografia europea da oggi al 2100

Le proiezioni demografiche per i paesi dell’Unione Europea fino al 2100 indicano cambiamenti significativi nella struttura della popolazione, con un forte invecchiamento e una riduzione della popolazione complessiva.

Proiezioni demografiche per l’UE nel 2100

  1. Popolazione Totale: La popolazione totale dell’UE è destinata a raggiungere il picco di 453 milioni di persone nel 2026, per poi calare gradualmente a circa 419 milioni entro il 2100. Questo trend riflette una crescita negativa della popolazione, in gran parte dovuta a bassi tassi di natalità e invecchiamento della popolazione.
  2. Struttura per età:
    • La quota di bambini (0-14 anni) è destinata a diminuire dal 15% nel 2022 al 13,2% nel 2100, con una riduzione significativa della popolazione giovane.
    • La quota della popolazione in età lavorativa (15-64 anni) scenderà dal 63,9% al 54,4% nello stesso periodo, rappresentando un calo di oltre 57 milioni di persone.
    • La quota della popolazione anziana (65 anni e oltre) aumenterà dal 21,1% al 32,5% entro il 2100, con la popolazione molto anziana (80+ anni) che crescerà fino a raggiungere i 64 milioni, più del doppio rispetto al 2022.
  3. Dipendenza Anziana: L’indice di dipendenza anziana (numero di anziani rispetto a ogni persona in età lavorativa) aumenterà drasticamente, passando dal 33% nel 2022 a quasi il 60% nel 2100. Questo significa che, nel 2100, ci saranno quasi due anziani per ogni cinque persone in età lavorativa, rispetto a uno su tre oggi.
  4. Proiezioni per i principali paesi:
    • La Germania rimarrà il paese più popoloso dell’UE con circa 84 milioni di abitanti, seguita dalla Francia (68 milioni), Italia (50 milioni), Spagna (45 milioni) e Polonia (29,5 milioni).
    • Crescita demografica prevista in paesi come Lussemburgo, Malta e Svezia (incrementi superiori al 25%), mentre molti paesi dell’Europa orientale e meridionale vedranno un calo della popolazione. Le perdite più elevate si prevedono in Lettonia (-37,8%) e Lituania (-36,7%).

Confronto con le Proiezioni Globali

Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, il mondo assisterà a un rallentamento della crescita demografica, con la popolazione globale che raggiungerà un massimo di circa 10,4 miliardi nel 2100. Tuttavia, a differenza dell’UE, alcune regioni, come l’Africa, continueranno a vedere una forte crescita demografica, mentre l’Europa dovrà affrontare un calo e un marcato invecchiamento della popolazione.

Questi cambiamenti demografici avranno implicazioni significative per le politiche pubbliche, la previdenza sociale e il mercato del lavoro, con la necessità di adeguare le strategie di sostegno agli anziani e le politiche migratorie.

Demografia: la Grecia spenderà 20 MlD di euro per la natalità

Perchè si fanno meno figli nei paesi più ricchi: mancanza di soldi o di valori?

Il calo delle nascite nei paesi ricchi è un fenomeno complesso e multifattoriale, influenzato sia da aspetti economici che culturali e filosofici. Di seguito, esploriamo le principali cause:

1. Aspetti Economici

I fattori economici sono tra i più frequentemente citati per spiegare il basso tasso di natalità nei paesi sviluppati. Nonostante un livello di reddito più alto, avere figli può rappresentare un costo significativo. Alcuni aspetti economici rilevanti includono:

  • Alti costi di mantenimento: Crescere un bambino nei paesi ricchi comporta spese elevate, legate all’educazione, alla salute e al tempo libero. A questo si aggiunge il costo opportunità per i genitori, specialmente per le madri, che spesso devono interrompere o rallentare la loro carriera.
  • Mercato del lavoro e incertezza: Anche nei paesi ricchi, molte famiglie giovani devono affrontare un mercato del lavoro precario o contratti temporanei. Questo porta a un maggiore senso di incertezza che disincentiva le decisioni di avere figli.
  • Politiche di welfare insufficienti: Alcuni paesi hanno politiche di welfare (es. congedi di maternità/paternità, sussidi) meno sviluppate rispetto ad altri, il che scoraggia le famiglie a pianificare più di un figlio.
  • Difficoltà nell’equilibrio vita-lavoro: La mancanza di servizi di supporto (come asili nido accessibili) rende difficile per le coppie conciliare la carriera con la genitorialità, portando molti a rimandare o rinunciare ad avere figli.

2. Aspetti Sociali e Filosofici

Oltre agli aspetti economici, vi sono anche spiegazioni culturali e filosofiche che contribuiscono a comprendere perché nei paesi ricchi si fanno meno figli:

  • Valorizzazione della carriera e dell’autorealizzazione personale: Nelle società sviluppate, c’è una crescente enfasi sull’autorealizzazione personale e la carriera professionale. Il matrimonio e la genitorialità non sono più visti come passi obbligati nella vita adulta.
  • Nichilismo e cambiamenti nei valori: Alcuni sociologi suggeriscono che nelle società moderne e post-moderne vi sia una sorta di “nichilismo” culturale, con minore enfasi sui valori tradizionali come famiglia e figli, e un maggiore focus sull’individualismo e sul presente. Questo porta a un cambiamento nei valori, con priorità diverse rispetto alle generazioni precedenti.
  • Urbanizzazione e cambiamenti demografici: Le persone nei paesi ricchi tendono a vivere più frequentemente in aree urbane, dove lo spazio abitativo è limitato e i costi di vita sono più alti, rendendo la decisione di avere figli più complicata.
  • Emancipazione femminile: L’emancipazione delle donne e l’accesso a livelli più alti di istruzione e carriera hanno cambiato profondamente la dinamica familiare. Le donne in particolare sono meno disposte a sacrificare la loro autonomia economica e personale rispetto al passato.

3. Cambiamenti Filosofici: Nichilismo e Visione del Futuro

Alcuni studiosi e pensatori ritengono che la questione non sia solo economica, ma anche legata a un mutamento filosofico e di visione del futuro:

  • Perdita di fiducia nel futuro: In un mondo segnato da crisi ambientali, incertezza geopolitica e cambiamenti climatici, molte persone percepiscono il futuro come incerto e rischioso, e quindi esprimono dubbi sull’opportunità di mettere al mondo dei figli.
  • Riduzione del valore sociale della famiglia: La famiglia come istituzione sociale ha perso parte del suo valore normativo, con modelli alternativi di vita e di convivenza che diventano sempre più accettati e diffusi.
  • Nichilismo culturale: Secondo alcuni, una visione nichilista della vita — dove il senso dell’esistenza è meno legato alla continuità generazionale e più all’esperienza personale — porta a un rifiuto implicito della genitorialità come obiettivo esistenziale.

4. Politiche di contrasto: Un esempio dalla Scandinavia

In paesi come la Svezia e la Norvegia, le politiche di sostegno alle famiglie hanno mitigato, in parte, il calo delle nascite. Queste nazioni offrono congedi parentali lunghi e ben pagati, servizi per l’infanzia accessibili e un’elevata flessibilità lavorativa. Questo dimostra che una buona politica sociale può attenuare alcuni degli effetti negativi dei fattori economici e culturali.

In sintesi, la questione della natalità nei paesi ricchi è un mix complesso di elementi economici e culturali. Mentre le difficoltà finanziarie e le sfide lavorative rappresentano un ostacolo pratico, il cambiamento dei valori e una visione del futuro più pessimistica o individualistica svolgono un ruolo altrettanto importante.

Autore

  • massy biagio

    Fondatore di Economia Italiacom e Finanza Italiacom è divulgatore finanziario e trader.