Nel 2050 il Riscaldamento Globale Porterà una Nuova Era Glaciale – dice uno studio scientifico

No, non ci siamo scolati la damigiana di vino del nonno che è ancora integra nella sua cantina. Abbiamo letto solo un articolo scientifico pubblicato qualche mese fa su Nature.

In questo articolo ci sono delle previsioni che dicono che il riscaldamento globale porterà alla fine della corrente del Golfo e che questo porterà un periodo di glaciazione nell’emisfero Nord della terra, esattamente come descritto nel film “The day after tomorrow” questo sarebbe dovuto avvenire non prima del 2100, ma a quanto pare dopo aver fatto nuovi calcoli, potrebbe avvenire molto prima addirittura intorno al 2050, ma cerchiamo di capire bene.

IL POTENZIALE STOP DELLA CORRENTE DEL GOLFO

Il potenziale collasso della circolazione di ribaltamento meridionale atlantica (AMOC) è una preoccupazione critica a causa del suo ruolo di punto di svolta significativo nel sistema climatico terrestre. Studi recenti e ricostruzioni paleoclimatiche suggeriscono che le brusche fluttuazioni climatiche, come gli eventi Dansgaard-Oeschger, sono collegate alla natura bimodale dell’AMOC. Molti modelli climatici indicano un comportamento di isteresi, in cui un cambiamento nell’apporto di acqua dolce nell’Atlantico settentrionale potrebbe innescare una biforcazione, portando a un collasso. Mentre i modelli del sistema terrestre possono replicare questo scenario, c’è una notevole variabilità tra i modelli e la soglia per tale collasso rimane incerta. Il rapporto AR6 IPCC, basato sui modelli CMIP5, suggerisce che un collasso nel 21° secolo è improbabile, ma i modelli CMIP6 più recenti indicano una gamma più ampia di risposte e una maggiore incertezza.

I bias del modello potrebbero sovrastimare la stabilità dell’AMOC a causa di fattori come l’adattamento ai dati climatici storici, la rappresentazione inadeguata della formazione di acque profonde, la salinità e il deflusso glaciale. Questi bias complicano le valutazioni della futura stabilità dell’AMOC e della sua risposta agli scenari di riscaldamento. Di conseguenza, prevedere il comportamento dell’AMOC e il potenziale per un futuro collasso rimane una sfida, con una significativa incertezza che circonda le soglie critiche e i potenziali impatti sui modelli climatici globali.

Quando sistemi complessi come l’Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) sperimentano transizioni critiche spostando un parametro di controllo (λ) attraverso un valore critico (λc), si verifica un cambiamento fondamentale nella loro dinamica. Questo processo, noto come biforcazione, fa sì che il sistema passi da uno stato statisticamente stabile a un altro. Prima di tali transizioni, segnali di allerta precoce (EWS) come rallentamento critico (aumento dell’autocorrelazione) e aumento della varianza nel segnale del sistema, anche chiamato “perdita di resilienza” in contesti ecologici, possono fornire indicatori di un imminente punto di svolta. Questi segnali si basano sul presupposto di dinamiche quasi stazionarie per fungere da predittori efficaci.

Il monitoraggio continuo dell’AMOC è iniziato solo nel 2004 utilizzando varie tecniche di misurazione, tra cui strumenti ormeggiati, cavi sottomarini e osservazioni satellitari. Tra il 2004 e il 2012 è stato osservato un declino dell’AMOC, ma sono necessarie registrazioni a più lungo termine per determinarne l’importanza. Per risolvere questo problema, i ricercatori hanno applicato tecniche di fingerprinting a registrazioni più lunghe della temperatura superficiale del mare (SST). Studi, supportati da simulazioni di modelli climatici, hanno identificato l’SST nella regione del vortice subpolare del Nord Atlantico come un indicatore ottimale della forza dell’AMOC.

FOTO

La sezione descrive l’analisi della circolazione di capovolgimento meridionale atlantica (AMOC) basata sui dati del dataset Hadley Centre Sea Ice and Sea Surface Temperature (HadISST). Lo studio esamina le tendenze nella media, nella varianza e nell’autocorrelazione dell’impronta AMOC dal 1870 al 2020, che sono considerate segnali di allerta precoce di un potenziale arresto. Tuttavia, sottolinea la necessità di affidabilità statistica per distinguere i cambiamenti effettivi dalle fluttuazioni casuali entro un periodo di osservazione limitato. I ricercatori stabiliscono una misura di affidabilità per varianza e autocorrelazione e dimostrano che la varianza è più affidabile. Inoltre, sviluppano uno stimatore per prevedere la tempistica di una transizione critica.

L’approccio dello studio si concentra sull’osservazione dei cambiamenti nella media, nella varianza e nell’autocorrelazione senza assumere un parametro di controllo specifico, come il flusso di acqua dolce nell’Atlantico settentrionale, a causa di incertezze in fattori come il deflusso del fiume e lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia. Invece, si basa sul presupposto che l’AMOC fosse in equilibrio prima della transizione e che qualsiasi cambiamento avvenga lentamente, con il parametro di controllo che si avvicina a un valore critico in modo lineare nel tempo. Questo presupposto è in linea con i dati osservati e rimane robusto, anche senza presupposti specifici sui driver dell’AMOC, come i livelli di CO2 atmosferica, che hanno mostrato una crescita quasi lineare durante il periodo industriale.

L’ALLARME

Il rilevamento di segnali di allerta precoce (EWS) per le imminenti transizioni coinvolge diverse scale temporali chiave. La scala temporale interna primaria è il tempo di autocorrelazione, mentre la scala temporale esterna è impostata dal tempo di rampa in cui il parametro di controllo cambia dallo stato stazionario a un valore critico. La finestra temporale richiesta per rilevare un cambiamento negli EWS a un dato livello di confidenza è definita in relazione a queste scale e varia per diverse misure come varianza e autocorrelazione. Il processo di rilevamento e le finestre temporali necessarie sono illustrate nelle Fig. 3 e 4, dove la dimensione della finestra richiesta per un livello di confidenza del 95% è tracciata rispetto al parametro di controllo λ. La varianza emerge come un EWS più affidabile rispetto all’autocorrelazione nell’intervallo in cui il tempo di attesa medio per un punto di svolta è inferiore alla dimensione della finestra dati.

L’efficacia di un early warning dipende dalla velocità di cambiamento del parametro di controllo (λ), caratterizzato dal tempo di rampa. Le simulazioni condotte su oltre 1000 realizzazioni con condizioni iniziali specifiche dimostrano come un early warning sia possibile entro un intervallo definito, rappresentato da una banda verde nelle figure. La varianza e l’autocorrelazione vengono tracciate nel tempo utilizzando una finestra di esecuzione di 50 anni, rivelando quando questi indicatori possono segnalare in modo affidabile una transizione imminente. I risultati indicano che la varianza è un segnale di early warning più utile dell’autocorrelazione in determinate condizioni, offrendo un approccio pratico per anticipare i cambiamenti critici nei sistemi dinamici.

Lo studio presenta un’analisi statistica approfondita per quantificare l’incertezza nei segnali di allerta precoce (EWS) per un’imminente transizione critica, come il potenziale collasso della circolazione di ribaltamento meridionale atlantica (AMOC). Dimostra che la significatività degli EWS osservati dipende dalla rapidità con cui il sistema si avvicina al suo punto di svolta, offrendo un risultato più forte rispetto ai test di tendenza standard. La ricerca fornisce un metodo non solo per determinare se si verificherà una transizione critica, ma anche per stimare quando, prevedendo un probabile ribaltamento tra il 2025 e il 2095 con il 95% di confidenza. Pur riconoscendo la possibilità che altri fattori influenzino queste previsioni, l’analisi è progettata con ipotesi minime per enfatizzare le gravi implicazioni per il sistema climatico.

Lo studio rileva inoltre che, mentre le simulazioni del modello di equilibrio non possono prevedere un crollo futuro, la valutazione del metodo su modelli climatici avanzati con forzanti esterne variabili potrebbe aiutare ad affinare le previsioni. Tuttavia, permangono incertezze, come se il crollo potrebbe essere parziale piuttosto che totale, come suggerito da alcuni modelli. L’analisi considera anche il potenziale impatto del ribaltamento indotto dalla velocità, in cui la velocità di avvicinamento alle soglie critiche influenza la probabilità di ribaltamento. Nonostante queste incertezze, i risultati sottolineano l’urgente necessità di misure per ridurre le emissioni di gas serra e mitigare il rischio di un crollo dell’AMOC, che avrebbe profondi impatti sociali.

Nel 2050 il Riscaldamento Globale Porterà una Nuova Era Glaciale - dice uno studio scientifico

POSSIBILI IMPATTI SOCIALI ( DI ANCHE PICCOLA) ERA GLACIALE NELL’EMISFERO NORD DELLA TERRA

Una piccola era glaciale nell’emisfero nord avrebbe impatti sociali significativi su diversi livelli. Prima di tutto, le temperature più fredde e le condizioni climatiche estreme influenzerebbero negativamente l’agricoltura, riducendo i raccolti e compromettendo la disponibilità di cibo. Questo potrebbe portare a un aumento dei prezzi alimentari, insicurezza alimentare, e potenzialmente carestie in aree particolarmente vulnerabili. Inoltre, i lunghi inverni e le condizioni climatiche avverse potrebbero aumentare la domanda di energia per il riscaldamento, mettendo pressione sulle infrastrutture energetiche e causando possibili carenze o blackout. I costi economici associati a questi problemi potrebbero colpire duramente le economie, in particolare quelle meno preparate a gestire tali cambiamenti climatici.

Sul piano sociale, una piccola era glaciale potrebbe accentuare le migrazioni climatiche, con popolazioni costrette a spostarsi da regioni in cui la vita diventa insostenibile a causa delle temperature estreme o della mancanza di risorse. Questi movimenti di massa potrebbero aumentare le tensioni geopolitiche, creare conflitti per l’accesso alle risorse e mettere alla prova la coesione sociale. Infine, le condizioni di vita più difficili potrebbero avere un impatto negativo sulla salute pubblica, aumentando la mortalità invernale, le malattie legate al freddo e riducendo la qualità della vita, soprattutto tra le fasce di popolazione più vulnerabili, come gli anziani e i poveri.

NB: questo articolo è stato ripreso da un articolo scientifico pubblicato su Nature ( in cima potete trovate il LINK), NON SI TRATTA DI NOSTRE OPINIONI

Articoli interessanti:

Autore

  • massy biagio

    Fondatore di Economia Italiacom e Finanza Italiacom è divulgatore finanziario e trader.