Meglio un’economia liberista o un’economia keynesiana ? Questa domanda assilla ed ha assillato gli economisti praticamente da sempre, prima ancora che degli studiosi di economia inventassero queste definizioni: è meglio che lo Stato entri nell’economia con leggi, regolamenti, tasse, investimenti pubblici, oppure che la lasci tutto così com’è, affidandosi al buonsenso delle persone?
- Lo Stato deve intervenire – anche pesantemente – in investimenti sul territorio ( quindi avendo anche una notevole tassazione)
- Oppure come sosteneva Hayeck deve tassare i cittadini il meno possibile, giusto per poter far sopravvivere le istituzioni e non intervenire con nessun tipo di investimento/aiuto verso i cittadini stessi e quindi lasciare che il libero mercato faccia il suo corso?
Questo è l’enigma dell’ economia oggi, due modi di pensare diversi che hanno dato alla luce 2 diversi tipi di scuole di pensiero economiche, 2 teorie di economia molto diverse.
Oggi la grande maggioranza dei Stati prendono un pò dall’una un pò dall’altra, ma negli ultimi 20 anni la scuola di pensiero liberista sta sempre più affermando il libero mercato, dopo che dagli anni ’50 fino agli anni ’80 le teorie di Keynes presero il sopravvento in occidente, con punte estreme che arrivarono ( ed arrivano) fino ad un vero e proprio assistenzialismo.
Proprio oggi c’é la protesta dei forconi, che vorrebbe meno tasse.
Ma una politica economica liberista è possibile in Italia?
Qual’è la migliore economia per l’Italia, l’economia liberista o keynesiana?
Questo istruttivo documentario ci spiega come si sono formate queste 2 teorie che oggi permeano la Nostra vita di tutti i giorni, ricordando comunque che l’economia italiana non è certo liberista, anche se non completamente keynesiana.
Questo interessante documentario di cui sopra, parte con un’analisi di Lyndon LaRouche, un uomo politico americano che molti dicono economista ( ma non si é mai laureato) ma comunque esperto di economia per aver fatto degli studi indipendenti.
Di formazione socialista, LaRouche sostiene che dalla fine degli anni ’50 à inizio ’60, siamo lentamente passati da una società di produttori ( agricoltura ed industria) ad una società di consumatori ( qui sta ovviamente parlando dell’America, perché l’Italia ha proprio nella fine degli anni ’50 la sua massima espansione industriale).
In quegli anni – continua LaRouche – USA e Gran Bretagna iniziano una politica di saccheggio verso altri paesi, ai danni della produzione interna, con il risultato del collasso della produzione industriale.
A questa sua visione dell’economia globale, LaRouche dice che che a parte Cina ed India, il prodotto fisico mondiale diminuisce, questo porterà al crollo del sistema economico mondiale, perché vengono bruciati gli stessi strumenti della ripresa economica.
LaRouche, dice che il sistema imperialista americano ( e prima inglese) hanno basato la propria economia nel saccheggio degli altri paesi, ma l’industria interna di Usa e Gran Bretagna é stata sistematicamente distrutta proprio da questa politica predatoria, questo unito al fatto che le infrastrutture dei paesi che sono stati ‘usati’ sono state dimenticate.
Lo Stato ha smesso di investire in strade, aeroporti, porti, ospedali, assistenza sanitaria, ferrovie, tutte infrastrutture economiche indispensabili per poter far andare avanti un’economia, e tutto questo ha portato ad una crisi del settore agricolo ed una crisi del settore industriale . In questa intervista, fatta nel 2003 e presa da esempio come premonitrice del disastro finanziario del 2008, LaRouche conclude dicendo che prima o poi ci sarà un crollo di tutta la finanza mondiale.
In effetti quello del 2008 non è stato un crollo totale, come pronosticato da LaRouche ma solo una bella caduta per terra, non certo un piccolo inciampo, ma proprio un bèl capitombolo in cui tutta l’economia globale ha rischiato di farsi molto, molto male.
- Qui interessanti indirizzi di Facoltà di Economia.